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Susanna Tamaro Per Sempre 2011 ISBN 9788809768352 Dio ha dato alla terra il soffio che la nutre. Il suo alito dà vita a tutte le cose. E se egli trattenesse il suo soffio, tutto si annienterebbe. Questo soffio vibra nel tuo, nella tua voce. È il soffio di Dio che tu respiri e non lo sai. Teofilo di Antiochia 1 Io sto quassù e accolgo coloro che salgono al monte. Alcuni hanno una meta, altri semplicemente vagano per i boschi. Ci sono tante strade per salire, quella che passa qui davanti non è che una tra le tante, la più varia forse. Qualcuno tira dritto, senza neanche guardarmi, altri si fermano, incuriositi. «Cos'è questo posto, un rifugio, un agriturismo?» Non capiscono. «Devo pagare qualcosa?» mi chiedono, se, oltre l'acqua, offro loro del vino. «Il prezzo è il dono dell'ospite» rispondo. Alcuni sorridono, si sforzano di capire; altri bevono in fretta e si allontanano senza voltarsi indietro, come inseguiti da un invisibile pericolo. A volte, però, le persone ritornano. Non ritornano per il monte, ma per questa stanza in cui arde il fuoco. In pochi ammettono di esservi venuti apposta, accampano scuse: «Passavo per caso... Cercavo funghi poco lontano... Volevo salire l'altro versante, ho sbagliato strada...». La maggior parte di quelli che tornano sono coloro che hanno accettato l'acqua e il vino con un sorriso. Di quelli che sono fuggiti ne rivedo meno e, se lo fanno, passano più tempo a giustificarsi. Uno mi ha persino aggredito: «Non ho tempo da perdere io!». «E allora perché è venuto?» gli ho risposto. «Questo è il luogo dove il tempo si sospende.» Alcuni invece arrivano e mi rovesciano addosso tutto quello che hanno nel cuore. «Mi consoli, padre» mi ha detto una volta una signora, alla fine del suo racconto. «Non sono un prete» le ho risposto. Si è alzata di scatto. «E allora perché le ho raccontato tutte queste cose?» «Non lo so.» «Magari lei è anche un truffatore» ha gridato uscendo. «E lei cosa voleva che io fossi?» le ho risposto, ma le mie parole sono rimbalzate contro le assi della porta sbattuta. Spesso, durante l'estate, chi vede le pecore mi chiede: «Vende formaggio? Di quello buono, genuino?». «Non so se è buono» rispondo «ma se vuole glielo faccio assaggiare.» Restano male quando dico che lo produco per uso personale. Per rimediare, offro loro un pezzo da portare a casa. «Va bene, però lo pago» rispondono molti. «Non è necessario.» «Ci tengo.» «Va bene, se lei è più felice così...» «Ma lei non è un pastore.» «Quando sto con le pecore, sono un pastore.» «D'accordo, ma non vive di questo.» «Quando mangio il formaggio, vivo di questo.» «E quando non fa il pastore, cosa fa, qual è il suo lavoro?» «Produrre le cose che mi servono per vivere.» «Tutto qui?» commentano, stupiti. «Ma non è un vero lavoro!» Alcuni sorridono: «Beato lei! Come vorrei vivere anch'io quassù!». Quando si vive fuori dal mondo è facile attirarsi le fantasie delle persone più fragili. Nei primi tempi c'era un pensionato che veniva spesso quassù. Arrivava con passo veloce e parlava altrettanto velocemente. Non salutava e non entrava in casa. Appena mi vedeva cominciava a gridare: «Lo so chi è lei, è un pervertito, che sta quassù per organizzare le sue orge! Io non ci casco, no, non ci casco. Perché uno si isola, se non è un maiale? Gli uomini normali hanno le mogli, hanno i figli, non stanno nel bosco ad aspettare le vittime! Vergogna! Porco!» gridava e poi spariva nuovamente nel bosco, accompagnato dal demone della sua ossessione. I primi tempi non riuscivo ad accettare questo continuo bisogno di trovare una definizione. Non esisti se non c'è un aggettivo, un nome che aiuti a sistemarti da qualche parte. Poi mi sono abituato, ho capito che questa forma di classificazione fa parte della natura dell'uomo. Se so chi sei, so come comportarmi nei tuoi confronti, ma se sei un uomo senza legami e senza ruoli, non so più cosa