Le Cose E I Loro Nomi

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Una nuova immagine scientifica dell'universo, e dei mondi affascinanti che si aprono all'esperienza dell'uomo contemporaneo. Quando si passa dai territori ddla fisica classica a quelli della micro-fisica, il fatto forse più sconcertante è che l'« oggetto», nel suo significato tradizionale, scompare. Ma, allora, di cosa parliamo, laddove parliamo di protoni, elettroni o quark? Se finora ci si è sforzati di adattare la teoria dei microoggetti a un vecchio quadro categoriale, adesso è il momento di cambiare tale apparato per poter parlare del mondo subatomico in modo coerente, preciso, sensato. Un'indagine che congiunge i più aggiornati concetti scientifici con alcuni campi avanzati della filosofia contemporanea. Giuliano Toraldo di Francia è nato a Firenze nel 1916. Ordinario di Fisica superiore all'università di Firenze, è presidente del Forum per i problemi della pace e della guerra, e del Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza.

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2 Sagittari Laterza © 1986, Gius. Laterza & Figli Prima edizione aprile 1986 Seconda edizione maggio 1986 Giuliano Toraldo di Francia e Le cose i loro nomi Editori Laterza Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel maggio 1986 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari CL 20-2706-2 ISBN 88-420-2706-5 I NTRODUZI ONE «I nomi e gli attributi si devono accomodare all'essenza delle cose, e non l'essenza ai nomi ; perché prima furono le cose e poi i nomi » . Così scriveva GaliTeo nella prima lettera a Marco Welser sulle macchie solari nel 1 6 1 2 . Galileo in quel momento aveva più a cuore gli attributi che i nomi. Infatti la sua affermazione segue a questo periodo : « Il dire, non esser credibile che nel corpo solare siano macchie oscure, essendo egli lucidissimo, non conclud e : perché in tanto doviamo noi dargli titolo di purissimo e lucidissimo, in quanto non sono in lui state vedute tenebre o impurità alcuna ; ma quando ci si mostrasse in parte impuro e macchiato, perché non dovremmo noi chiamarlo e macolato e non puro ? » . Dunque dalla circostanza che nel parlare comune diamo al sole l'attributo di « lucidissimo » non consegue necessaria­ mente che esso gli competa nella realtà e a dispetto dell'e­ sperienza . Ma il fatto che Galileo si sia lasciato portare a parlare anche di nomi e a scrivere quella lapidaria frase «prima furon le cose e poi i nomi» è di sommo interesse . Appa­ rentemente si tratta di una posizione di puro buon senso : se non ci fossero state le cose perché avremmo dovuto chiamarle con nomi ? E invece si tratta di una questione delicata, che affonda vetuste radici nella filosofia, nella scienza, nella logica, nella linguistica, nella psicologia . Volendo individuare alcune o le più importanti - di queste radici, avremmo un grave imbarazzo nella scelta ; il pensiero umano si è trovato di­ nanzi quel problema in tutte le epoche . Ma poiché non possiamo qui svolgere una storia dettagliata, basti ricordare Platone nel Crati/o . Subito all'inizio (383a) Ermogene introduce così la que­ stione : « Cratilo che è qui con me, o Socrate, sostiene che esista per natura una giusta denominazione per ciascun es­ sere (òvé(J.tx'"tos òpìM'"tTJ'"ttx Et\ltxL ÈKcicr-.cp -.wv ov-.wv cpucrEL 1tEcpvKvi:cx v), e che un nome non è ciò che alcuni convengono (crvvDÉ(J.E\IOL) di chiamare qualcosa . . . ». Ermogene, all'opposto di Cratilo, propende per la tesi della convenzionalità . Ma, stranamente, non trova in Socrate tutto l'appoggio che ci aspetteremmo . Come spesso avviene nei dialoghi platonici, la questione rimane abbastanza problematica . Ad ogni modo Platone ha in mente piuttosto un nome « ideale » della cosa, di cui il nome in una qualunque lingua umana è un'impe
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