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Émile Zola NANÀ Titolo originale: Nana Traduzione di Luisa Collodi Premessa di Aldo Nove Prima edizione ebook: dicembre 2010 © 2008 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 978-88-541-2852-1 www.newtoncompton.com 1 Lo spettacolo della realtà Zola spieg(av)a quella cosa difficilissima che si chiama “realtà”. Ma quale, realtà? Ovviamente, la sua. Che in alcun modo può essere la nostra. La distanza è abissale. Non è solo una questione di tempi, ma di valori. Zola era profondamente convinto che una realtà esistesse, che fosse quella, che si vedesse e che potesse essere oggetto di studio. A distanza di oltre un secolo tutto è mutato. Non è più dato alcun realismo che non sia puramente ingenuo, “stregato” dai media; non è dato alcun verismo, oggi. Diciamo che non ci crede più nessuno, alla realtà. Almeno come grande disegno universale. Nella società dello spettacolo sappiamo che ciò che noi chiamiamo realtà è qualcosa di derivato da altro, e che quell’altro ha a che fare con una rappresentazione già di secondo grado. Lo spettacolo dell’11 settembre ha reso pacifico che la realtà si produce dal business ed è proiettata nelle nostre menti come risultato di un interesse materiale trasformato in visione collettiva. Lo scarto intellettuale può fare la differenza, ma in quanto a capire, oggi, è dura. Talmente dura da procrastinare all’infinito l’idea di una comprensione. Così viviamo in perenne attesa, sull’orlo del disfacimento ma non ancora e anzi, per quanto possibile, gaudenti, ché questa è la società dei consumi. Torniamo a Nanà. Romanzo accusato, per decenni, di essere un testo “pornografico”. Zola voleva svelare un mondo sommerso, che si taceva, si rappresentava diversamente da quello che era. Il mondo della borghesia dell’Ottocento. I suoi pruriginosi segreti, le sue falsità e le sue inenarrabili, e distruttive, passioni. Oggi da svelare non c’è più nulla. La pornografia è quotata in borsa e Nanà farebbe la conduttrice televisiva o il ministro. Nel tempo, incarnazioni di Nanà sono state Marlene Dietrich (con lo stesso senso spettrale, di morte incombente, dell’Angelo azzurro di Sternberg), ma anche la sboccata, procace e cinica Mae West, fino a Madonna e alla pornostar Sasha Grey. In particolare, la descrizione di Nanà resa nelle prime pagine del romanzo di Zola dal suo stesso impresario, Bordenave, non è poi così dissimile da quella che ne ha fatto, pur in diverse versioni, la prima coreografa di Madonna, Pearl Lang. Nanà vuole il successo, il potere immediato. A differenza di un’altra grande eroina della letteratura francese, Emma, la Madame Bovary di Flaubert (altro romanzo “scandaloso”), 2 Nanà non ha una doppia vita. Ne ha molte e nella proliferazione di sé (nel desiderio degli altri) non ne ha in fondo nessuna (nemmeno sua è la morte, feticcio orrendo, di matrice medioevale, della devastazione del corpo umano in presa diretta, prima ancora di morire). È l’immagine che si gratifica di essere tale (è un ideale banale: quella donna che tutti vogliono e riempie di sé la formula lacaniana secondo la quale Ladonna, scritto tutto attaccato e maiuscolo, come entità, non esiste), centro immaginario della visione collettiva che aspira a lei, come oggetto di desidero o come fonte d’invidia. Nanà è assente a se stessa e copre le mancanze del mondo con il proprio essere nel luogo impossibile del desiderio. È il centro (che non c’è) di una società che va in frantumi. La società nostra è invece già frantumata, e Nanà sa oggi di quegli antichi sapori di una volta, quando c’era la storia, e le storie erano vere. Diciamo che oggi è troppo forte la trama narrativa del quotidiano così come ci viene raccontato per legittimare il senso di una Nanà, del suo preciso percorso di (non) redenzione. Quello che ci attrae in questo romanzo è dunque l’inattualità. E che l’inattualità possa essere un valore ce lo ha in